
Durata: 1h 59m
Genere: Drammatico
Origine: USA
Distribuzione: Walt Disney
Regia: Sam Mendes
Cast: Olivia Colman, Micheal Ward (II), Tanya Moodie, Hannah Onslow, Crystal Clarke
Trama:
Empire of Light è una storia d’amore ambientata nell’Inghilterra degli anni Ottanta e che ruota attorno a un vecchio e meraviglioso cinema, sito sulla costa meridionale inglese. Racconta la storia di due persone: la prima è Hilary (Olivia Colman), una donna che gestisce il cinema, che vive da sola e deve fare i conti con la sua salute mentale e la depressione. Il secondo è Stephen (Michael Ward), un nuovo e giovane dipendente, che sogna di fuggire da questa cittadina provinciale in cui deve affrontare avversità quotidiane. Hilary cerca di combattere i suoi disturbi con il litio prescritto dal suo medico e intrattenendo una relazione con il suo capo sposato, Donald (Colin Firth). Stephen, invece, si ritrova a essere vittima di pregiudizi da parte dei suoi concittadini a causa del colore della sua pelle.
Sin da subito l’attrazione tra i due è molto forte e in breve tempo Hilary e Stephen trovano un senso di appartenenza attraverso la loro dolce e improbabile relazione, sperimentando il potere curativo della musica, del cinema e della comunità.
Valutazione pastorale
“Empire of Light” non è un’opera che si mette subito a fuoco. Sulle prime può sembrare un omaggio al potere dell’immagine, al cinema tra Storia e luoghi di riferimento, soprattutto per i continui rimandi ai classici del tempo, ai divi della settima arte, con quella fascinazione sognante che ricorda tanto l’opera di Giuseppe Tornatore. Sotto questo profilo, due sequenze in evidenza: la prima quando Stephen entra finalmente nella cabina di proiezione, nel regno di Norman, scoprendo i segreti dell’illusione cinematografica. La seconda, quando su consiglio di Stephen Hilary si abbandona alla visione di un film, da sola nel buio della sala, al termine di una giornata lavorativa. La magia e lo spaesamento che si leggono sui suoi occhi regalano una vibrante emozione. “Empire of Light” è poi un intenso spaccato sociale, una fotografia dell’Inghilterra negli anni del governo di Margaret Thatcher, tra tensioni, scontri e musica di rottura. È un periodo in cui il cinema inizia ad avvertire i primi cambiamenti, gli scricchioli di un’attività – l’esercizio cinematografico – che non stacca più i biglietti di un tempo. Le prime avvisaglie di un terremoto che farà sentire però le sue scosse più avanti. In tutto questo, Mendes elegge come protagonisti, come figure di riferimento, due “ultimi”: Hilary, che vive giornate altalenanti, grigie, sotto i colpi inclementi di un disturbo bipolare che non le dà tregua, e Stephen, che sogna un futuro diverso all’università, ma sempre più spesso viene strattonato dentro una realtà dura e respingente, dove il colore della pelle rappresenta ancora un problema.